Bari, la storia dell'antica scuola per geometri "Pitagora" e del suo secolare museo degli animali
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giovedì 11 luglio 2024
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di Sergio Bruno - foto Rafael La Perna
BARI – È una delle più antiche scuole del Sud Italia e dal 1930 ha sede in un grande edificio classicheggiante “nascosto” sotto il ponte di corso Cavour. È l’identikit del Pitagora, istituto superiore per geometri nato nel lontano 1866 come “Regio Istituto Tecnico”. Parliamo di una vera e propria istituzione barese che ha accolto migliaia di studenti nel corso della sua storia e che ospita anche il particolare “Museo De Romita”, secolare collezione di animali impagliati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo così andati a visitare lo storico Pitagora (vedi foto galleria).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’ingresso dell’istituto si trova in corso Cavour 249, accanto allo “Scacchi”, il più antico liceo scientifico di Bari. Ci ritroviamo così davanti a un elegante fabbricato neoclassico su tre livelli, di cui il piano terra è in bugnato a fascia bianco mentre quelli superiori di color terra di Siena.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La parte della facciata che ospita l’ingresso è leggermente aggettante e ai lati del portone in legno si delineano due colonne ioniche poste sotto l’architrave dell’unico balcone presente sul prospetto. Mentre una protiride incornicia l’entrata e reca al centro un busto di Minerva, dea della Sapienza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Gli altri piani sono contraddistinti da una serie di finestre parallele architravate, scandite da lesene sovrapposte nella parte centrale e negli angoli. I livelli sono scanditi da cornicione marcapiano di cui quello superiore di coronamento aggettante a dentelli.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Prima di entrare ci soffermiamo sulla storia della scuola, che nacque nel 1866 come “Regio Istituto Tecnico”. Fino ai primi anni del 900 venne ospitato in un palazzo a Bari Vecchia, per poi spostarsi negli anni 20 del 900 all’interno dell’Ateneo prendendo il nome di “Pitagora”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Fino alla costruzione dell’attuale edificio, che divenne da subito la sede dell’ITSCG “Giulio Cesare”, comprendente sia l’istituto per geometri che quello per ragionieri. I lavori, aggiudicati alla ditta “Nicola Dioguardi e Figli” con la direzione artistica dell’architetto Saverio Dioguardi, iniziarono il 28 ottobre 1928 per terminare con l’inaugurazione ufficiale avvenuta il 6 aprile 1930.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Alla fine degli anni 60 vi fu però la scissione dei due indirizzi scolastici: il geometra rimase in corso Cavour riprendendo il nome di Pitagora, mentre le aule di ragioneria furono spostate in viale Einaudi mantenendo la denominazione di Giulio Cesare. Nel 2015 infine il geometra è stato accorpato all’istituto industriale Panetti formando un polo tecnologico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Varcato l’ingresso veniamo avvolti da una atmosfera rigorosa ma accogliente. Con il permesso del dirigente scolastico Eleonora Matteo, superiamo la targa lapidea dello scultore tranese Antonio Bassi, realizzata negli anni 20 a memoria degli studenti caduti nella Prima guerra mondiale per ritrovarci in un atrio ben illuminato dai raggi del sole. Quest’ultimo è dominato da una scalinata protetta da una pregevole ringhiera in ferro battuto che porta ai livelli superiori.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Prima di salire visitiamo l’aula magna. «Qui - ci illustra l’architetto Simone De Bartolo - spiccano i lampadari in ottone e cristallo che pendono da rosoni in stile liberty. Sulle pareti sono presenti degli stemmi: alcuni mantengono i fasci littori, mentre altri presentano esclusivamente lo scudo crociato dei Savoia con fasci scalpellati per damnatio memoriae».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Saliamo ora al piano superiore per entrare negli uffici della segreteria e presidenza dove a ricordare la natura tecnologica dell’istituto è posizionata una “Macchina di Winter”, che genera energia elettrica tramite un disco di vetro rotante e due spazzole.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Affianco agli uffici sono appese alle pareti delle bellissime foto d’epoca che ritraggono il Pitagora negli anni 30, in un corso Cavour ancora non “occupato” dal ponte XX Settembre.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E se all’ultimo piano è presente un attrezzatissimo laboratorio di fisica e chimica che accoglie alcuni secolari strumenti di misura, quello in cui ci troviamo ospita il notevole Museo De Romita.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Durante i primi anni del 900 il naturalista barese Vincenzo De Romita, all’epoca insegnante del Pitagora e successivamente preside dell’istituto, giunse a raccogliere quasi 1500 specie di animali che lui stesso impagliava. Una raccolta che il docente, in mancanza di un erede, lasciò alla “sua” scuola, che ancora oggi la conserva.
La collezione (il cui accesso è consentito previa autorizzazione del centro studi De Romita) si caratterizza per l’ampia varietà di uccelli presenti (se ne contano quasi un migliaio) ai quali si aggiungono anfibi, rettili, mammiferi. Tra i tanti altri animali spiccano una foca monaca, una scimmia Guerèza e alcune specie malformate.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In un ripiano è possibile infatti “ammirare” una capra che presenta sei zampe, due musetti e quattro occhi e un cucciolo di maiale che riporta otto zampe. Questi animali “raddoppiati” sono gemelli siamesi uniti a livello sia toracico che craniale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Al centro della sala poi vi è lo scheletro di un dromedario, circondato da numerosi fossili che De Romita recuperò con pazienza nel corso della sua vita.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
Siamo così andati a visitare lo storico Pitagora (vedi foto galleria).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’ingresso dell’istituto si trova in corso Cavour 249, accanto allo “Scacchi”, il più antico liceo scientifico di Bari. Ci ritroviamo così davanti a un elegante fabbricato neoclassico su tre livelli, di cui il piano terra è in bugnato a fascia bianco mentre quelli superiori di color terra di Siena.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La parte della facciata che ospita l’ingresso è leggermente aggettante e ai lati del portone in legno si delineano due colonne ioniche poste sotto l’architrave dell’unico balcone presente sul prospetto. Mentre una protiride incornicia l’entrata e reca al centro un busto di Minerva, dea della Sapienza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Gli altri piani sono contraddistinti da una serie di finestre parallele architravate, scandite da lesene sovrapposte nella parte centrale e negli angoli. I livelli sono scanditi da cornicione marcapiano di cui quello superiore di coronamento aggettante a dentelli.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Prima di entrare ci soffermiamo sulla storia della scuola, che nacque nel 1866 come “Regio Istituto Tecnico”. Fino ai primi anni del 900 venne ospitato in un palazzo a Bari Vecchia, per poi spostarsi negli anni 20 del 900 all’interno dell’Ateneo prendendo il nome di “Pitagora”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Fino alla costruzione dell’attuale edificio, che divenne da subito la sede dell’ITSCG “Giulio Cesare”, comprendente sia l’istituto per geometri che quello per ragionieri. I lavori, aggiudicati alla ditta “Nicola Dioguardi e Figli” con la direzione artistica dell’architetto Saverio Dioguardi, iniziarono il 28 ottobre 1928 per terminare con l’inaugurazione ufficiale avvenuta il 6 aprile 1930.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Alla fine degli anni 60 vi fu però la scissione dei due indirizzi scolastici: il geometra rimase in corso Cavour riprendendo il nome di Pitagora, mentre le aule di ragioneria furono spostate in viale Einaudi mantenendo la denominazione di Giulio Cesare. Nel 2015 infine il geometra è stato accorpato all’istituto industriale Panetti formando un polo tecnologico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Varcato l’ingresso veniamo avvolti da una atmosfera rigorosa ma accogliente. Con il permesso del dirigente scolastico Eleonora Matteo, superiamo la targa lapidea dello scultore tranese Antonio Bassi, realizzata negli anni 20 a memoria degli studenti caduti nella Prima guerra mondiale per ritrovarci in un atrio ben illuminato dai raggi del sole. Quest’ultimo è dominato da una scalinata protetta da una pregevole ringhiera in ferro battuto che porta ai livelli superiori.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Prima di salire visitiamo l’aula magna. «Qui - ci illustra l’architetto Simone De Bartolo - spiccano i lampadari in ottone e cristallo che pendono da rosoni in stile liberty. Sulle pareti sono presenti degli stemmi: alcuni mantengono i fasci littori, mentre altri presentano esclusivamente lo scudo crociato dei Savoia con fasci scalpellati per damnatio memoriae».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Saliamo ora al piano superiore per entrare negli uffici della segreteria e presidenza dove a ricordare la natura tecnologica dell’istituto è posizionata una “Macchina di Winter”, che genera energia elettrica tramite un disco di vetro rotante e due spazzole.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Affianco agli uffici sono appese alle pareti delle bellissime foto d’epoca che ritraggono il Pitagora negli anni 30, in un corso Cavour ancora non “occupato” dal ponte XX Settembre.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E se all’ultimo piano è presente un attrezzatissimo laboratorio di fisica e chimica che accoglie alcuni secolari strumenti di misura, quello in cui ci troviamo ospita il notevole Museo De Romita.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Durante i primi anni del 900 il naturalista barese Vincenzo De Romita, all’epoca insegnante del Pitagora e successivamente preside dell’istituto, giunse a raccogliere quasi 1500 specie di animali che lui stesso impagliava. Una raccolta che il docente, in mancanza di un erede, lasciò alla “sua” scuola, che ancora oggi la conserva.
La collezione (il cui accesso è consentito previa autorizzazione del centro studi De Romita) si caratterizza per l’ampia varietà di uccelli presenti (se ne contano quasi un migliaio) ai quali si aggiungono anfibi, rettili, mammiferi. Tra i tanti altri animali spiccano una foca monaca, una scimmia Guerèza e alcune specie malformate.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In un ripiano è possibile infatti “ammirare” una capra che presenta sei zampe, due musetti e quattro occhi e un cucciolo di maiale che riporta otto zampe. Questi animali “raddoppiati” sono gemelli siamesi uniti a livello sia toracico che craniale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Al centro della sala poi vi è lo scheletro di un dromedario, circondato da numerosi fossili che De Romita recuperò con pazienza nel corso della sua vita.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
I commenti
- Giacomo - Diplomato nel 1979, professori Massarelli, MInafra, Notarnicola, Frigerio Errica morta nella strage di Bologna del 2/8/1980, Santospirito, solo per citarne alcuni. Una scuola che mi ha cambiato la vita.
- Vito Petino - ISTITUTO TECNICO GEOMETRI PITAGORA BARI Il giorno stesso che conseguii la licenza media, mi precipitai a “conoscere” la mia prossima scuola superiore, allora nota col nome di Giulio Cesare, istituto per ragionieri e geometri. In un primo momento, visti i quadri dell’Amedeo d’Aosta, scuola più vicina a casa, avevo pensato di portare subito la buona notizia a Mamma, che tra l’altro l’avevo lasciata a letto con qualche linea di febbre. Ma subito realizzai che avrei potuto portarne due di buone nuove, ritirando l’elenco dei documenti per l’iscrizione alla scuola superiore indirizzo geometri, sempre preferito per la vita di cantiere all’aperto che tale professione permette, e consegnarlo a Mamma, saltando l’inutile preambolo del “sono stato promosso”. Ma quel che mi aspettava a casa non l’avevo previsto per niente. Con una frase netta e senza appello mia madre ghiacciò il mio ardere gioioso. - Vitin, alla Mamm, lo stipendio di Babbo quello è. Siamo assai e già facciamo sacrifici per arrivare alla fine del mese. I libri delle scuole superiori sono tanti e costano… In pochi attimi tutti i miei sogni futuri s’infransero contro la stringente logica economica di mia madre. E così quell’iniziale ingresso nell’Istituto di corso Cavour non ebbe un seguito. L’unica concessione per la rinunzia agli studi superiori la imposi io. - Se devo lavorare, voglio andare a Milano. Telefona a zio Ciccillo e chiedigli se può ospitarmi finché trovo lavoro e una casa. Ma con un intento più mirato al gioco del pallone che al lavoro, che comunque mi vide lo stesso occupato, contemporaneamente agli allenamenti nelle tre squadre lombarde in cui ho giocato per un paio d’anni. Avevo 13 anni e mezzo quando entrai fra i ragazzini del Bari di mister Onofrio Fusco, continuando a tirar calci dietro a un pallone da quando avevo 9 anni e mezzo. Ma i dirigenti d’allora davano poca importanza al vivaio giovanile biancorosso. Fu lo stesso mister Fusco a consigliarmi di fare un provino nel nuovo centro di Milanello in via di ultimazione. Ma al termine dei due anni, quando già mi si prospettava un contratto fra la rosa dei milanisti, le visite mediche misero in risalto una malformazione congenita all’apice del polmone destro, atrofizzato nelle lastre. E per la seconda volta in pochi anni vidi i miei sogni, questa volta calcistici, andare in frantumi a soli 18 anni e mezzo. Tornai a Bari come mulo bastonato dal più cattivo dei padroni. Anche se poi ho giocato con un solo polmone e mezzo per altri 11 anni nella vecchia Pro Inter Bari del presidente Lillino Milanesi e del mio quarto padre calcistico, il caro Pasquale Dentuto giocatore-allenatore, che con Edoardo Peggion e Niels Liedholm, due dei tre allenatori “milanesi”, e il primo indimenticabile mister Fusco, mi avevano insegnato un calcio corretto e leale; dicevo, per altri 11 anni sempre correndo come se ne avessi tre di polmoni; così come correvo anche prima della diagnosi negativa del Niguarda. Altre mazzate della sorte e personalmente volute mi aspettavano. La morte di Babbo quando non avevo ancora vent’anni, la scoperta che la mia ragazza era incinta l’anno dopo, e nessuna prospettiva per un lavoro decente. Niente mestiere e nessun titolo di studio per una professione dignitosa. Buio assoluto in un tunnel senza fine. Lavoro precario con la società Terre Stabilizzate di Roma degli ingegneri Diotallevi per opere di compattazione del tappetino di tufina, prima dei tre manti d’asfalto finale, incarico appaltato ad altra ditta, nel tratto di Circonvallazione fra Poggiofranco e Japigia, terminato in poco meno di qualche mese; agosto 1965 commis nel Ristorante La Capannina di Palese; commesso nel negozio di giocattoli Stallone in corso Sonnino dicembre ’65 marzo ’66. Quando tutto pareva perduto, il cugino di mio padre, avvocato Renato Belviso, da lui educati a chiamare zio come tutti gli altri suoi cugini, sapendo la mia nostalgia e la sete di sapere per i libri abbandonati, mi chiamò a casa sua e mi prospettò un lavoro più stabile. - Vitino, sono socio allo Sporting, un circolo privato, ritrovo serale della Bari bene. Ho già parlato col presidente, avvocato Andrea Nencha, e lui è d’accordo con me ad assumerti. L’impegno di lavoro è dalle 18 alle 2 della notte; ci sarebbero un paio di mattinée alla settimana, ma sono riuscito a farti esentare. Così puoi frequentare di nuovo la scuola ogni giorno. Mentre zio Uccio parlava, uno spiraglio man mano che procedeva andava sempre più allargandosi nel buio che scompariva. Scoppiato nel pallone, rinato nel pallone, pensai. Fu così che a settembte 1966 mi iscrissi nuovamente a scuola da marito e padre di una bimba, varcando dopo 8 anni la soglia dell’ancora Giulio Cesare. Un certo timore mi frenava all’idea che dovevo sedermi nei banchi con ragazzini di 8, 9 anni più giovani. Ma poi pensai che era l’età di mio fratello Tonino, e non ebbi più remore; anche perché in classe c’erano dei pluriripetenti, alcuni col barbone, che fisicamente mi avvicinavano a loro. L’anno dopo il Giulio Cesare si trasferì con le sue classi di ragionieri. E il nostro istituto per soli geometri prese il nome da Pitagora, filosofo matematico e politico; anche se samese, per me calabrese, fondatore della scuola di Crotone, la prima in Italia, centro di sapere scientifico. Intanto, io mi ero calato nella parte del giovin studente così bene da partecipare alle manifestazioni sessantottine, occupando la scuola con i miei compagni part time, sino alle 18, per motivi di lavoro, rientrando nella scuola occupata dopo le 2. A 26 anni e mezzo, raggiunta la maturità insieme ai miei 29 compagni della mitica terza C 1971, grazie ai proff Nicolò Gesmundo lettere. Benedetto Tisbo scienze delle costruzioni, Forliano agronomia, Minafra topografia, senza dimenticare i primi due anni della cara prof Leanza-Notarnicola, cominciai a battere cantieri d’edilità, nei primi tre anni alle dipendenze, poi come libero professionista e imprenditore per ben mezzo secolo. Oggi 80 anni continuo a viaggiare sempre con un libro in mano lungo la strada maestra. La cosa che mi sorprende è che in quei cinque anni scolastici al Pitagora, e sino alla lettura di questo articolo su Barinedita, non avevo mai saputo che vi fosse un così importante Museo di animali imbalsamati. Quanti avrebbero potuto diventare geometri imbalsamatori 🤣🤣🤣…